Cardiobase
Prevenzione e  Terapia dello Scompenso Cardiaco
Aggiornamenti in Aritmologia
Xagena Mappa

Acidi grassi polinsaturi n-3 marini nel tessuto adiposo e rischio di sindrome coronarica acuta


Gli Acidi grassi polinsaturi n-3 marini potrebbero ridurre la mortalità coronarica.
Dati precedenti sulla coronaropatia non-fatale, tuttavia, sono risultati contraddittori; ciò potrebbe essere spiegato dall’utilizzo di metodologie eterogenee per valutare l’assunzione di Acidi grassi polinsaturi n-3 marini.

È stata valutata l’ipotesi che il contenuto di Acidi grassi polinsaturi n-3 marini, totali e individuali, nel tessuto adiposo sia negativamente associata all’incidenza di sindrome coronarica acuta, inclusa la coronaropatia sia fatale sia non-fatale.

Nello studio danese di coorte Diet, Cancer and Health, 57.053 soggetti sono stati arruolati e sottoposti a biopsia del tessuto adiposo all’ingresso.

Durante un periodo di follow-up medio di 7.6 anni, sono stati identificati e verificati tutti i casi ( n=1012 ) con una diagnosi di sindrome coronarica acuta incidente.

Un campione casuale della coorte ( n=1630 ) è stato sottoposto a determinazione della composizione di acidi grassi nel proprio tessuto adiposo mediante gas-cromatografia.

Sono emerse associazioni negative dose-risposta tra il contenuto di Acidi grassi polinsaturi n-3 marini totali e Acidi grassi polinsaturi n-3 marini individuali nel tessuto adiposo e il rischio di sindrome coronarica acuta.

Il confronto tra gli uomini nel più alto e nel più basso quintile ha prodotto un hazard ratio di 0.65 per gli Acidi grassi polinsaturi n-3 marini totali e 0.51 per l’Acido docosaesaenoico.

I casi non-fatali hanno rappresentato più del 86% dei casi e l’associazione è risultata guidata soprattutto da una riduzione nel rischio di sindrome coronarica acuta non-fatale.

Non sono state osservate associazioni consistenti tra le donne.

In conclusione, l’assunzione di Acidi grassi polinsaturi n-3 marini protegge gli uomini dalla sindrome coronarica acuta. ( Xagena2011 )

Joensen AM et al, Circulation 2011; 124: 1232-1238


Cardio2011



Indietro